Primo Soccorso in Mare

C'è qualcosa da fare per cercare, nei limiti del possibile e senza mezzi a disposizione, di essere utili ad un annegato?
Sì, chiunque di noi è in grado di fare qualcosa e magari di salvargli la vita.
Prima di tutto non si deve disperare, anche se l'apparenza può farci sembrare che ogni soccorso sia ormai inutile; poi, bisogna essere fermamente convinti che il peggior servizio che si possa rendere alla vittima, è quello di portarlo all'ospedale; perché chiunque di noi, anche un ragazzo, privo di qualsiasi cognizione medica e di qualsiasi strumento di rianimazione, può utilmente adoprarsi, sulla stessa spiaggia e nei pochi minuti che si hanno a disposizione, nel tentativo di salvare una vita legata ad un filo di tempo sottilissimo che qualunque corsa verso l'ospedale spazzerebbe sicuramente.

Regole e consigli
Ora immaginiamo di trovarci su una spiaggia non sorvegliata da bagnini esperti di salvataggio, dove una persona non ha seguito le vecchie e valide regole di prudenza che consigliano di:
1) non bagnarsi prima che siano passate due o tre ore dal pranzo;
2) non tuffarsi di colpo nell'acqua dopo essere rimasti per molto tempo al sole;
3) non allontanarsi dalla riva con materassini o galleggianti;
4) non fare il bagno quando il mare è agitato.


Quindi questa persona si trova in difficoltà ed ha bisogno del nostro aiuto. Come si deve agire in tal caso? Prima di tutto bisogna avvicinarsi sempre alle spalle di chi è in pericolo per evitare di sentirsi avvinghiare e di annegare in due. Se la persona che dobbiamo soccorrere è agitata o terrorizzata è saggio attendere che perda le forze, prima di avvicinarci.
Il modo migliore per trasportarla a riva senza danneggiarla è il seguente: sempre tenendo presente che si deve stare attentissimi ché la mandibola resti sollevata per evitare la caduta all'indietro della lingua con il conseguente soffocamento, ci si pone alle spalle dell'annegato e girandolo sul dorso gli si afferra con le mani lateralmente la testa, sollevando con le quattro dita unite la mandibola e tenendo i pollici dietro gli orecchi.
Afferrato il pericolante, ci si può ora rendere conto delle sue condizioni.
Se, pur essendo stordito, respira ancora, si deve cercare di trasportarlo, il più rapidamente possibile, a terra dove si inizieranno le pratiche di rianimazione; se, invece, è cianotico, non respira, in questo caso il trasportarlo a riva sarebbe del tutto inutile; vi arriverebbe sicuramente già morto. Bisogna farsi coraggio ed iniziare immediatamente, in acqua, la rianimazione con la respirazione artificiale nella maniera che vedremo dettagliatamente più avanti.


Morte per asfissia
Prima di illustrare le varie fasi della rianimazione dell'annegato, sia in acqua, sia dopo che l'abbiamo trasportato a riva, sarà bene dire due parole sul meccanismo della morte per annegamento.
La morte per asfissia avviene dopo alcune fasi della durata di qualche minuto ciascuna: nel primo momento si sente l'acqua che penetra nelle vie aeree e si reagisce immediatamente smettendo di respirare; si resta in apnea per qualche secondo, poi il bisogno di aria ci fa compiere una forte inspirazione col conseguente inondamento dei polmoni e diminuzione ed arresto degli scambi respiratori. Il ritmo cardiaco si altera e dopo alcuni deboli atti respiratori, si verifica l'arresto cardiaco definitivo. Se il salvataggio avviene tempestivamente, il recupero dell'annegato è sicuro; nei momenti seguenti le probabilità diminuiscono sempre di più.
Comunque il nostro paziente è stato tratto a riva ed iniziamo i nostri tentativi di rianimazione.


Tempestività d'intervento
Resistendo fortemente a chi ci vuol convincere a caricarlo su una macchina e trasportarlo all'ospedale, ci dobbiamo preoccupare prima di tutto di liberargli la bocca e la faringe di tutto il materiale estraneo che eventualmente vi fosse penetrato e, quindi, iniziare la respirazione artificiale.
I vari metodi conosciuti di respirazione artificiale si basano tutti, con qualche variante, sulle manovre di trazione e compressione dall'esterno della gabbia toracica. Questi sistemi richiedono una notevole forza e resistenza da parte di chi li pratica ed oggi sono stati abbandonati per un nuovo metodo di insufflazione diretta e forzata di aria nei polmoni dell'asfittico.
Questo nuovo metodo si chiama "respirazione bocca a bocca" e non richiede particolare fatica da parte di chi lo pratica, mentre i risultati pratici sono di gran lunga superiori a quelli di tutti gli altri metodi.

Respirazione bocca - bocca
La tecnica della respirazione bocca a bocca o bocca - naso, non è altro che la "variante popolare" delle tecniche anestesiologiche che si usano in camera operatoria per far respirare il paziente.
Oggi, per facilitare il lavoro del chirurgo, si usano il curaro e i curari sintetici, che hanno la proprietà di far rilasciare tutti i muscoli del paziente; la paralisi dei muscoli comprende quelli respiratori e del diaframma, per cui il paziente è nell'impossibilità di compiere da solo i normali atti respiratori.
L'anestesia provvede, con gli apparecchi a disposizione, ad assistere il respiro del malato, insufflandogli ritmicamente aria, con delle tecniche molto più complicate di quanto possa sembrare in questa descrizione, ma in pratica facendo respirare artificialmente il paziente.

Corsi pratici
Gli australiani ebbero per primi l'idea di mettere in pratica la respirazione bocca a bocca per rianimare gli annegati e fecero le cose in grande, istruendo non soltanto i bagnini, agenti di polizia, infermieri, pompieri, ecc., ma organizzando dei corsi pratici di addestramento per tutti i giovani studenti che sono così oggi in grado di prendere parte attivamente ad una operazione di salvataggio.
Il fatto che dei giovani studenti siano già in grado di praticare questo mezzo di respirazione artificiale, può convincerci della sua relativa semplicità e della possibilità che venga praticato da tutti.

Le tecniche
Praticare la respirazione bocca a bocca non richiede particolari capacità, ma soltanto l'esecuzione precisa ed accurata delle particolari tecniche.
Per prima cosa bisogna accertarsi di poter soffiare l'aria attraverso le vie aeree superiori fino ai polmoni per farli espandere ed assicurare gli scambi di ossigeno nel sangue.
Infatti potrebbe accadere che la lingua, rilasciata all'indietro, vada ad appoggiarsi alla parete posteriore del faringe, impedendo il passaggio dell'aria. Per evitare che ciò accada bisogna sollevare verso l'alto la mandibola e con l'altra mano iperestendere il capo in modo che la punta del mento sia più in alto possibile. Questa è la migliore posizione per praticare la respirazione bocca a bocca, quindi, inginocchiati accanto alla testa dell'asfittico, e sempre tenendo con una mano la mandibola, ci si china e, dopo una profonda inspirazione, si soffia l'aria nella bocca.
Si vedrà il torace espandersi per l'aria che abbiamo soffiato nei polmoni del nostro paziente e poi di nuovo afflosciarsi nell'espirazione passiva.

Riassumendo:
1) il capo della vittima va sollevato in modo che il mento si trovi rivolto verso l'alto;
2) la mandibola va pure tirata per l'alto per consentire il passaggio dell'aria;
3) si spalanca la bocca e si applica in modo aderente a quella dell'infortunato. Dopo avergli strette le narici si soffia 15-18 volte al minuto;
4) dopo i primi 10 respiri rapidi si resta in ascolto dell'espirazione dell'aria dai polmoni della vittima.

  Home